A seguito dell’incursione cybernetica alla Sony, la rete della Corea del Nord è stata oscurata per più di nove ore, forse causata da un attacco hacker. La notizia del ritorno al normale esercizio di internet è stata diffusa da esperti statunitensi. Pyongyang non ha rilasciato commenti ufficiali. Il blackout è avvenuto qualche giorno dopo che Barack Obama aveva annunciato una \”risposta proporzionale\” ai recenti attacchi hacker contro la Sony Pictures, sembra ad opera del governo nordcoreano. Le autorità statunitensi non hanno voluto confermare né smentire il loro coinvolgimento nel blackout nordcoreano.
Episodi che possono essere ricondotti all’applicazione della guerra cibernetica, una relativamente nuova derivazione della multipolarità e della globalizzazione. Queste sono la principale causa dell’erosione allo Stato Sovrano, in quanto hanno consentito la proliferazione di attori non statali assunti al rango di protagonisti delle relazioni internazionali. La ragione di tale mutazione è identificabile nell’accrescimento delle reti informatiche e più in generale, delle comunicazioni. La tecnologia ha agevolato il rafforzamento delle caste politiche a livello globale con la diffusione delle reti elettroniche a basso costo, agevolando il decentramento geopolitico nello spazio virtuale per l’affermazione di un potere parallelo a quello istituzionale. La costante ricerca del primato sulla rete sta collidendo fra gli attori principali, ingenerando, di fatto, un nuovo tipo di scontro combattuto su internet.
L’asimmetricità della minaccia potrebbe però instaurare estemporanee comunioni di intenti, soprattutto a causa delle profonde difficoltà di arginare gli attacchi cibernetici. Per tale motivo, è probabile che la cooperazione internazionale potrebbe svolgere un ruolo basilare nel combattere tale fenomeno, in questa materia è già attiva la collaborazione fra NATO ed Unione Europea, dove l’Italia svolge un ruolo predominante che intende perseguire anche nel lungo periodo con investimenti nel settore della Difesa.
Guerra cibernetica vuol dire la distruzione dell’informazione e dei sistemi di comunicazione avversari con attacchi ai server allo scopo non solo di ascoltare le trasmissioni, ma anche per la sostituzione dei contenuti delle stesse con indicazioni manipolate a svantaggio degli intercettati. La capacità di gestire l’informazione e l’indebita acquisizione di dati, potranno costituire nuove gerarchie di potenza con azioni chirurgiche in grado di alterare le fonti del sapere su cui si fondano le società contemporanee.
Nel 2007, l’Estonia fu oggetto di un devastante attacco cibernetico che coinvolse indistintamente sia il settore pubblico quanto il privato. Questo principiò un nuovo scenario bellico che doveva essere regolamentato e la NATO invitò un gruppo di esperti a Tallin, in Estonia, i quali realizzarono il cosiddetto Manuale Tallin. Questo definisce principalmente gli algoritmi di azione in previsione di aggressioni: atti mirati all’elusione dei sistemi informatici; operazioni cibernetiche complesse tali da causare non solo distruzione di materiali ma anche ricadute estendibili ad un indebolimento delle forze armate avversarie, ponendo quest’ultime in pericolo di vita; eventi indiscriminati a danno di personale non direttamente coinvolto con le ostilità.
Le autorità russe, hanno definito il testo del manuale come un documento che, prevedendo azioni e reazioni, possa legittimare un nuovo tipo di conflitto. Al contrario sarebbe necessario allontanare il pericolo della militarizzazione dello spazio virtuale, ma già dal 2010 gli statunitensi hanno composto il Defence Department’s Cyber Command, inquadrato come sottodivisione del Comando Strategico, al fine di implementare le capacità difensive e migliorare le tecniche per lanciare attacchi cibernetici. In cooperazione con i servizi segreti, il Cyber Command ha accesso a 15.000 reti informatiche in 4000 basi militari distribuite in 88 Paesi, e prevedrà un organico di mille addetti qualificati alla difesa della Nazione. Anche la Gran Bretagna ha istituito una nuova unità, con il preciso intento di sviluppare una capacità offensiva, a scopo di deterrenza.
L’Estonia si è dichiarata la prima vittima di questa nuova frontiera bellica, indicando come colpevole la Federazione Russa, ma senza riuscire a provarlo, come il Governo statunitense ed israeliano hanno declinato le accuse a loro rivolte per le ingerenze cibernetiche, con i virus Flame e Stuxnet, al processo iraniano per lo sviluppo nucleare. Il bruco Stuxnet, ha rappresentato un salto generazionale in quanto sembra che sia riuscito ad infettare 45.000 sistemi di controllo industriale della Siemens, agevolando gli incursori alla manipolazione dei processi tecnici degli impianti nucleari.
Il mercato per migliorare le risorse informatiche, vale 10 milioni di dollari e tende allo sviluppo di strumenti adatti alla distruzione, interdizione, degradazione ed usurpazione delle reti di mappature, come precisato in un documento dell’USAF. Dunque la guerra cibernetica è definibile come un nuovo livello di scontro, dove l’arma più semplice può essere una chiavetta USB.
Nel 2008, con l’ausilio di questo semplice strumento, venne lanciato uno dei più forti attacchi contro i computer militari degli USA. Una spia collegò una penna USB ad un pc portatile in una base statunitense del Vicino Oriente, e penetrò tutti i sistemi classificati. Una testa di ponte digitale, da cui migliaia di dati vennero trasferiti sotto il controllo di un’altra Nazione. Un atto che si configura come una capacità d’influenza sull’operato della Nazione bersaglio, e può diventare anche politico e tattico sulla percezione dell’informazione stessa, quanto sui progetti tecnologici in essere. È un passaggio dalla guerra di annientamento al nuovo concetto di operazioni diverse dalla guerra classica, il quale potrebbe ingenerare effetti psico-sociali imprevedibili, dove la sicurezza dell’individuo non sarebbe garantita, dunque paragonabile al pericolo di un conflitto nucleare. Una non-guerra combattuta nello spazio virtuale, nella quale la vittoria è più rappresentativa di uno scontro militare, oppure, citando Luttwak, la guerra post-eroica. Quest’ultima, probabilmente, non potrà prescindere dal sistema finanziario e dallo sviluppo tecnologico, in particolare quello applicato al commercio ed ai servizi. L’obiettivo della disinformazione e della guerra cibernetica si prefissa la non distruzione dello Stato avversario, ma un’azione psicologica contro il nemico nel proprio territorio. Una politica della comunicazione volta a demotivare il competitore, ma a lasciare intatte le sue risorse.
Ad inizio 2013, nel Meeting sui rischi mondiali presentato dal Forum Economico Mondiale, il conflitto asimmetrico dell’informatica è risultato essere una minaccia tecnologica e geopolitica, la quale potrebbe tendere al fallimento del governo globale, laddove la guerra cibernetica possa tramutarsi in un’arma per la disinformazione attraverso internet od anche a disposizione dei terroristi. Tale scenario è definito come: incendio digitale incontrollato in un mondo iperconnesso. In definitiva, ciò si traduce nel provocare il caos nel mondo reale, nell’uso non corretto di un sistema aperto e di semplice accesso come internet. La guerra dell’informazione si prefissa operazioni sulla psicologia sociale, ossia influenzare emozioni e motivazioni dell’antagonista in modo da poterne controllare e prevenire i comportamenti. Gli attori più agguerriti, però, sono ancora gli Stati, perché lo spionaggio ed il sabotaggio cibernetico necessitano ancora della determinazione e di una logica costi-benefici propri di una Nazione. Come dimostra l’attacco alla Sony, la guerra cibernetica è estesa anche alle Aziende civili, trasformando di fatto il comparto finanziario e le imprese in un nuovo e più imprevedibile campo di battaglia.
L’acquisizione forzosa di dati sensibili, vuole significare il trasferimento dei segreti di una Nazione, privandola di fatto della sua ricchezza tecnologica a favore di elementi ostili. Un progetto per la regolamentazione della rete è stato presentato nel corso del World Economic Forum, svoltosi a Davos nel gennaio 2014. La Global Commission on Internet Governance, a seguito di quanto argomentato nella città svizzera, ha in fase di studio soluzioni in materia di censura e sorveglianza, promuovendo in contemporanea una piattaforma di consultazione attraverso canali istituzionali ed accademici per identificare le necessarie strategie future allo scopo di agevolare quegli Stati che intendono lo spazio virtuale come un’occasione di crescita e di scambi mediatici liberi ed aperti. Già dalla scorsa legislazione, il Governo italiano ha autorizzato la formazione di una sezione dedicata alla difesa dello spazio virtuale. Il nucleo per la sicurezza cibernetica è presieduto dal Consigliere Militare del Presidente del Consiglio.
L’impatto di internet sull’economia e sulla società è possibile esplicitarlo sulle ricadute seguite alla decisione del Governo egiziano di oscurare la rete durante la rivolta sociale del Febbraio 2011: l’OECD, ha stimato una perdita sugli scambi commerciali pari al 3 – 4%, con un valore di circa 90 milioni di dollari. La centralità di internet e le implicazioni che potrebbero ingenerarsi dalla sua interruzione, dunque prevarrebbero sulla finanza sino ad invadere la geopolitica. La governance della rete è principalmente dell’ICANN, Internet Corporation for Assigned Names and Numers, la quale suddivide internet in spazi da assegnare ad autorità locali che, a loro volta, distribuiscono gli indirizzi IP ai vari Provider. Nel violare i computer, si utilizzano IP di altri sistemi a loro volta piratati, detti hop points, e per identificare gli intrusi è necessario percorrere a ritroso i passaggi effettuati da quest’ultimi, sino ad individuare gli indirizzi cibernetici di origine.
L’obiettivo del controllo dell’informazione è ledere il sistema cognitivo, dunque non più il corpo ma la mente. Ossia instaurare nel soggetto bersaglio, una percezione dell’identità alterata di una persona o di una organizzazione. La risultanza sulla distribuzione di immagini, simboli od informazioni, rappresenta una forte incognita; infatti è prevedibile, ma non certa, la decodifica che i ricettori assegneranno ai singoli eventi: in base al retaggio culturale, alle credenze religiose, al ceto sociale di appartenenza, alla condizione economica personale ed alla società in cui vive, ogni singolo soggetto sottoposto all’alterazione del sistema cognitivo avrebbe una diversa percezione della falsa realtà mediatica che si desidera imporgli. Dunque le reazioni potrebbero non essere quelle pianificate e le implicazioni sarebbero imperscrutabili. Pericolo che aumenta esponenzialmente in quei Paesi dalla scarsa omogeneità nazionale o fortemente divisi fra etnie culturali e religiose. Gli attori principali dello scenario internazionale, con l’ausilio della guerra cognitiva e cibernetica, tendono a rallentare lo sviluppo di una Nazione evoluta distruggendo le sue tecnologie, un vantaggio competitivo di peso specifico importante nel contesto della guerra post-eroica.